
La relativa rapidità con cui la cantina veronese Tenuta Sant’Antonio è riuscita a ritagliarsi un ruolo di spicco nella produzione dei tradizionali vini della Valpolicella è un dato di fatto oramai acquisito. Tutto comincia nel 1989 quando quattro fratelli, Armando, Massimo, Tiziano e Paolo Castagnedi, acquistano una trentina di ettari di vigneti a Monte Garbi, 15 chilometri ad est di Verona, e li uniscono ai 20 acquistati dal padre Antonio nel 1961 a San Zeno di Colognola, altri 10 chilometri ad est. Da allora sono passati appena 30 anni e la cantina si è già espansa, arrivando a possedere oltre 100 ettari di vigneto, tutti collocati sempre nello stesso versante orientale della Valpolicella, tra le vallate e le colline di Illasi e Mezzane.
Il tipo di viticoltura portata avanti, coadiuvata da un incessante lavoro di ricerca e sperimentazione, ha un approccio rispettoso dell’ecosistema con alcune soluzioni adottate dal carattere squisitamente biologico, ed altre naturalie. Tra di esse vale la pena ricordare l’inerbimento totale dell’interfilare, la pratica dello sfalcio manuale e del sovescio, la concimazione organica a base vegetale ottenuta dalla fermentazione degli scarti di lavorazione riciclati, e una consistente riduzione persino dei prodotti quali rame e zolfo. In cantina si cerca di fare il possibile per valorizzare al massimo le uve, coltivate in maniera così sana e pulita, attraverso fermentazioni condotte per opera di lieviti selezionati dalle uve stesse e con l’utilizzo, in ogni fase della lavorazione, dell’azoto, che svolge una funzione protettiva e antiossidante.
Da un vigneto a 300 metri di altitudine in località Moti Garbi, con uno scheletro bianco di origine calcarea, arricchito da una lieve presenza di limo e sabbia, da viti di circa 40 anni, nasce la punta di diamante della cantina, l’Amarone della Valpolicella Riserva Lilium Est, un blend di Corvina e Corvinone (70%), Rondinella (20%), Croatina (5%) e Oseleta (5%). Le uve, dopo la vendemmia manuale e una doppia cernita (sempre manuale), vengono lasciate appassire negli appositi ambienti per circa tre mesi; una volta raggiunto l’appassimento desiderato, vengono vinificate in tonneaux nuovi aperti. Dopo la pressatura, il mosto svolge la fermentazione alcolica, con follatura manuali, per circa 20/25 giorni e, successivamente, quella malolattica, in tonneaux nuove da 500 litri. Il vino, quindi, riposa per tre anni in barrique nuove, con batonnage settimanale durante il primo anno, e, una volta imbottigliato, per altri quattro, prima della messa in commercio.
L’annata 2006 sfoggia un colore rubino concentrato e impenetrabile, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di prugna secca, mora selvatica, amarena e vaniglia, seguite da di pot pourri, sottobosco, cioccolato fondente e caffè tostato, ed echi conclusivi di goudron, grafite, vinile e boisée. Il gusto colpisce per la sua pronunciata morbidezza (che sembra dare quasi un’idea di dolcezza) e il suo calore, dato dai 16° di alcol, perfettamente integrato, arricchiti da una buona componente sapida e da una acidità appena sussurrata, ma comunque sufficiente ad alleggerire il sorso; il tutto mentre ritornano per via retro-olfattiva la speziatura, il boisée e la frutta rossa che persistono a lungo in bocca, anche dopo una chiusura quasi interminabile.
Punteggio:94/100
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