La Tenuta di Trinoro, una delle più celebri cantine italiane, si trova a Sarteano, 80 chilometri a sud di Siena, in un lembo di terra quasi al confine tra Toscana, Umbria e Lazio. Qui il vulcanico Andrea Franchetti stabilì la sua prima cantina con la stessa visione sperimentale con cui in precedenza, a partire dagli anni ’60, aveva fondato ristoranti a New York nell’East Village e si era dedicato alla importazione dei vini italiani negli Stati Uniti. Prima di dedicarsi anima e corpo alla produzione di vino all’interno di una casa di campagna fortificata (che restaura da solo) in Val d’Orcia, Andrea passa qualche anno a Bordeaux, dove impara i segreti della vinificazione dai maestri indiscussi dell’epoca. Da Bordeaux Andrea non ritorna soltanto con una nuova coscienza, ma anche con marze bordolesi che pianta nella terra di Sarteano, la cui composizione argillo-calcarea e ghiaiosa gli ricorda i terreni di Bordeaux.
Oggi Tenuta di Trinoro si estende per 23 ettari di vigneti di circa 20 anni, esposti a sud, ad un’altitudine che oscilla dai 400 ai 620 metri, e caratterizzati da un’alta densità d’impianto. Anche se in vigna e in cantina non esistono ricette preconfezionate, si possono individuare alcune operazioni ormai codificate come la suddetta densità di impianto unita a rese molto basse e la piena maturazione fenolica che, nelle intenzioni di Andrea, danno origine a vini estremi tanto nel gusto quanto nel profumo.
Da tempo sono state individuate tre parcelle piantate con il Cabernet Franc in grado di riflettere con incredibile accuratezza i terreni di provenienza, e dal 2014 si è cominciato a imbottigliare separatamente questi “Campi”. Il Campo di Tenaglia, ad esempio, è una particella di 0,8 ettari dal terreno profondo, a 500 metri di altitudine, piantata con viti di 26 anni, con una densità di 10.00 ceppi per ettaro, rivolte al tramonto, la cui resa si attesta intorno ai 25 ettolitri per ettaro (appena 350 grammi d’uva per pianta). Da questo Campo, coltivato esclusivamente con letame di pecora, argilla, propoli ed estratto di semi di pompelmo, si ottengono uve che, dopo la fermentazione in acciaio (12 giorni), invecchiano 8 mesi in barrique e 11 in vasche di cemento, prima di venir imbottigliate in primavera, con la luna calante, ed essere commercializzate.
L’annata 2018, prodotta in soli 1850 esemplari, sfoggia un colore rubino impenetrabile di gran consistenza, con un ventaglio olfattivo che si apre su note di prugna cotta, amarena sottospirito, vinile e vaniglia, seguite da mora selvatica, fiori appassiti, tabacco scuro e humus, con echi conclusivi di grafite, cuoio, incenso ed ebanisteria. Il palato, pur nella sua morbida ampiezza, risulta alleggerito da una piacevole freschezza balsamica arricchita da una punta di pepe e un tannino da manuale; il tutto arricchito dal ritorno del frutto rosso e della spezia che accompagnano il sorso fino ad una chiusura elegante e interminabile.
Punteggio: 94/100
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