
L’appellation Chablis deve la sua fama ai vini a base Chardonnay che si sono via via affermati nel tempo per delle caratteristiche piuttosto peculiari legati alla sua posizione, a nord della Côte d’Or. Questa posizione ha garantito la nascita di vini estremamente freschi, citrici e minerali, al mix tra il terreno Kimmeridge, caratterizzato dal deposito di piccole conchiglie fossili di origine marina, e le basse temperature. Proprio nel cuore di questa zona, nel 1923, l’Abbé Bàlitrand convinse alcuni viticoltori a consorziarsi e a creare una cantina cooperativa, La Chablisienne, che avrebbe avuto il solo scopo di vendere i loro vini.
Col passare del tempo questa iniziale impostazione evolse e i soci cominciarono a sviluppare il loro progetto nella direzione della cantina centralizzata, a cui dovevano venir mandati i mosti e non più i vini finiti.
Questa operazione permise in maniera naturale ed empirica di condurre uno studio sulla qualità dei singoli mosti, ricollegando ciascuno di essi alla parcella di provenienza. Fu così possibile condurre una vera e propria zonazione dei vari terreni dei viticoltori consociati che condusse alla nascita di linee guida di viticultura per ogni singolo appezzamento. Questa scelta viene praticata tutt’oggi, con le uve che vengono pressate, dai singoli viticoltori associati, il più vicino possibile ai vigneti, per non perdere tempo tra la raccolta e questa operazione. I mosti sono quindi inviati alla cantina centrale che si occupa delle fermentazioni (alcolica e malolattica, dove necessario) e dell’affinamento che può avvenire interamente in acciaio, per i prodotti più freschi e immediati, o interamente in barrrique, per le parcelle più pregiate come i loro 7 Grand Cru.
Parlando di Grand Cru non si può non menzionare lo Chablis Blachot, il cui vigneto, esposto a sud-est e piantato con una media di 7000 ceppi per ettaro, si trova sulla riva destra del Serein (il fiume che divide in due la Chablisienne). Dalle sue piante di circa 30 anni si ottengono le uve che una volta pressate arrivano in cantina per la decantazione statica a freddo, seguita dalle fermentazioni alcolica e malolattica, in barrique. Dopo 14 mesi di riposo in barrique, sulle fecce fini, il vino è pronto per l’imbottigliamento e la commercializzazione.
L’annata 2010 sfoggia un colore paglierino piuttosto intenso, con screziature tanto dorate quanto verdoline, e un ventaglio olfattivo che si apre su note di nespola, prugna gialla, camomilla e boisée, seguite da pesca sciroppata, crema pasticcera, kumquat e clorofilla, con echi conclusivi minerali, di conchiglia bruciata e vaniglia. Il palato mette fin da principio in evidenza tanto la componente morbida e generosa quanto quella citrica e iodato-minerale, unite a un pizzico di pepe bianco; il tutto arricchito dal ritorno della frutta gialla, la conchiglia bruciata e il boisée che accompagnano il sorso verso una succosa chiusura di ottima lunghezza.
Punteggio: 90/100
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