
La viticoltura è un’attività nota alla popolazione sarda da circa 5000 anni, e lo speciale rapporto creatosi in quest’isola, nel tempo, tra l’uomo e il vino è talmente profondo da poter trovare paragoni soltanto nella regione del Caucaso. Anche volendo considerare esclusivamente i tempi moderni, chi avesse avuto l’opportunità di visitare la Sardegna nei primi anni del ‘900 sarebbe rimasto colpito dalla impressionante quantità di produttori di vino, considerando anche quelli che lo facevano solo per uso familiare.Gli abitanti rurali di quell’epoca erano una razza che racchiudeva in ogni singolo rappresentante un mix di pastorizia, agricoltura e, di conseguenza, viticoltura. Uno di questi era Battistino Pala che, già negli anni 20, produceva per consumo personale un vino bianco ed uno rosso ottenuti rispettivamente dal Nuragus e il Monica, due vitigni (il primo a bacca bianca e il secondo a bacca rossa) che coltivava nelle terre di proprietà a Serdiana, 20 chilometri a nord del Golfo di Cagliari.
Questa tradizione fu mantenuta in vita ed espansa dal figlio di Battistino, Salvatore, che, nel 1950, produceva quei vini non più per esclusivo consumo personale: era nata l’Azienda Agricola Pala Salvatore. Dal 1950 molto è cambiato, persino il nome dell’azienda, che oggi si chiama semplicemente Pala, ma l’amore di questa famiglia per il vino di qualità non è venuto mai meno. L’azienda è passata, nel 1995, da Salvatore ai suoi tre figli Mario, Gilberto ed Enrico, con gli ultimi due che nel 2007 hanno preso altre strade e venduto a Mario, l’unico proprietario attuale, le loro quote.
A partire dal 1998 la cantina ha cominciato a produrre, uno dopo l’altro, una serie di vini che sono in breve diventati delle vere icone della viticoltura della Sardegna Meridionale e, in particolare, dell’areale cagliaritano. Fra di essi trova posto, senza dubbio, l’Entemari, un blend di Vermentino (50%), Chardonnay (30%) e Malvasia Sarda (20%), coltivate tra i vigneti “Is Crabilis”, a Ussana, e “Aquasassa”, a Serdiana, entrambi piantati su terreni argillosi calcarei ricchi di scheletro, a 180 metri di altitudine, con viti dall’età compresa tra 25 e 60 anni. Dopo una accurata selezione manuale, i grappoli vengono pressati delicatamente e lasciati macerare per alcune ore, quindi, dopo la svinatura, il mosto fermenta in tini d’acciaio inox. Il vino ottenuto viene leggermente chiarificato e successivamente affina sui suoi lieviti, sempre in acciaio, per 12 mesi. Qualche ulteriore mese di riposo in bottiglie e il vino è pronto per la commercializzazione
L’annata 2017 sfoggia un colore giallo paglierino di buona intensità con sfumature sia verdoline che dorate, ed un ventaglio olfattivo chi si apre su note di pesca gialla, albicocca disidratata, mirto ed elicriso, seguite da fico d’India, clorofilla e biancospino, con echi conclusivi di ciottoli bianchi umidi e iodio. Il gusto è caratterizzato principalmente dal brillante equilibrio tra la morbidezza glicerica (che potrebbe dare quasi un’idea di dolcezza) e la sapidità iodata, con la freschezza agrumata che si fa strada lentamente assieme a un pizzico di pepe bianco, il tutto accompagnato dal ritorno della frutta e della vegetazione sarda che accompagnano il sorso fino a una chiusura di buona lunghezza.
Punteggio: 89/100
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